Luglio

Dante priore e la giustizia

Nel luglio del 1300 Dante visse pienamente il suo incarico di Priore della città di Firenze. Si trattava del massimo riconoscimento politico-giuridico del tempo, utile ad ambire alla guida del Comune fiorentino. Venne eletto il 13 giugno del 1300 insieme a Goffo di Guido, Nello d’Arrighetto Doni, Ricco Falconetti, Bindo di Donato Bilenchi e Neri di Iacopo del Giudice. Non appena insediati i nuovi Priori dovettero subito affrontare una questione assai spinosa. Del resto l’Alighieri farà risalire il suo esilio e i suoi patimenti alle decisioni assunte nel corso del suo priorato.

“Tutti li mali e l’inconvenienti miei dalli infausti comizi del mio priorato abbono cagione e principio”, come avrebbe affermato lo stesso Dante in una lettera trascritta da Leonardo Bruni.

Prima del loro insediamento era stata emessa una sentenza contro tre congiurati i quali, in accordo con papa Bonifacio VIII, avevano tramato contro Firenze e la sua autonomia politica. I nuovi Priori dovettero dare esecuzione alla condanna: Dante, dunque, assieme ai suoi colleghi condannò Noffo di Quintavalle, ser Cambio da Sesto e Simone di Gerardo ad una multa di duemila lire, nonché al taglio della lingua.

L’uso della amputazione di parti del corpo (dita, mani, piedi, lingua, naso, orecchie) trova le sue origini medievali nel diritto germanico: il taglio della lingua veniva utilizzato soprattutto contro i crimini legati alla diffamazione, lo spergiuro e la blasfemia.

Tale sottoscrizione attivò l’ira del Papa contro i Priori, Dante incluso. C’è da dire che il bimestre di priorato dell’Alighieri fu uno dei più problematici della storia di Firenze. Il poeta firmò (e forse addirittura propose) anche il confino per otto capi di Parte Nera, e Sette di Parte Bianca, tra cui, il suo amico Guido Cavalcanti. Il provvedimento fu motivato da gravi incidenti scoppiati alla vigilia di san Giovanni, quando alcuni Magnati insultarono e malmenarono i Consoli delle Arti: la punizione doveva perciò essere esemplare con l’obiettivo di ripristinare l’ordine.

Dante non poteva però immaginare che i Neri, con la complicità di Bonifacio VIII, Matteo d’Acquasparta e Carlo di Valois, avrebbero preso il potere di lì a poco, decretando così la rovina di molti guelfi Bianchi nonché l’esilio dell’Alighieri.