Novembre

Viaggio a Parigi?

Una delle pagine più affascinanti, benché dubbie, della vita di Dante, è il presunto viaggio a Parigi che il poeta avrebbe compiuto tra il 1309 e il 1310. Di questa sua trasferta sono testimoni Cronisti e Commentatori: Giovanni Villani ci informa che

“fu cacciato e sbandito di Firenze e andossene allo studio a Bologna e poi a Parigi e in più parti del mondo”.
Anche Giovanni Boccaccio, nel suo commento alla Commedia, parla di questo suo viaggio, sottolineando come, nonostante l’età non più giovanissima, Dante partì per la Francia.

“già vicino alla sua vecchiezza, non gli parve grave l’andarne a Parigi, dove non dopo molta mora con tanta gloria di sé disputando più volte, mostrò l’altezza del suo ingegno, che ancora narrandosi se ne meravigliano gli uditori”.

Nel 1310 Dante aveva ormai 45 anni, un’età vicina “alla sua vecchiezza”. Ciononostante l’Alighieri si sarebbe incamminato verso la Sorbona. Si rifletta sui 1100 chilometri che separano Parigi da Firenze e che Dante dovette fare quasi certamente a piedi, considerando che le sue risorse erano scarsissime: dopo la condanna, infatti, “gli fu corso a casa e rubata ogni sua cosa e dato il guasto alle sue possessioni”. Negli stessi anni si giustificò coi conti Guidi per non aver potuto partecipare ad un funerale nel vicino Casentino, non disponendo neppure di un cavallo.

Qualche aiuto lo ottenne dal fratellastro Francesco, rimasto a Firenze perché estraneo alle vicende politiche che avevano travolto Dante. In un tempo di voli low cost, potremmo rimanere stupiti da simili scarpinate ma, in realtà, stiamo parlando della norma: Marco Polo, partito diciassettenne da Venezia nel 1271, giunse ormai ventenne a Pechino nel 1275.

Alcuni commentatori hanno voluto scorgere ricordi del presunto viaggio francese in alcuni passi della Commedia, come il ricordo del “Vico de li Strami”, la strada in cui erano ubicati gli edifici universitari; il ricordo del “maestro” e “baccelliere”, titoli accademici del tempo; l’episodio di Oderisi da Gubbio, in cui ricorda “quell’arte ch’illuminar chiamata è in Parisi”.

Se Dante ebbe modo di raggiungere Parigi, forse potè incontrare Marsilio da Padova e Giovanni di Jandun, avversi al potere papale e sostenitori dell’Impero: saranno loro a comporre il Defensor Pacis (1324), in cui viene negato il primato petrino, sottolineando piuttosto la funzione dell’imperatore come effettivo detentore del potere politico. Argomenti che furono certamente cari all’Alighieri che, di lì a pochi mesi, sarebbe giunto a Milano per assistere all’incoronazione di Enrico VII.